ct

misirizzi s. m. [da mi si rizzi]. – giocattolo a forma di figurina (soldatino, ometto generalmente dai tratti buffi), con la parte inferiore del corpo costituita da una semisfera riempita di piombo in modo da risultare notevolmente più pesante del resto: qualunque sia la posizione in cui si colloca, la figurina, lasciata libera, torna in posizione verticale.

misirizzi
#01


_acacia
_tiglio
_colla vinilica
_gesso di bologna
_pigmenti
_olio di lino.

h 34 cm.
Ø 26 cm.
2500 gr.

bringing death back to life

After having designed a tomb on which an entire family can have supper on [ momtomb ] Wolfgang Natlacen continues to bring back to life what lies beneath the nonrepresentation of death in our Western post-industrial societies.

In his most recent work which the artist named misirizzi – literally meaning “got wood” - Natlacen focuses on nowadays most common funeral artifact that is the vase holding the ashes of our cremated dead. The egg-shaped object made out of the same wood the Egyptians carved their sarcophagus has the form of a weeble once the ashes are sealed in the urn thus setting the objet in a swinging motion that seems self-perpetuated.

Not only is there a childlike playfulness in Natlacen’s pragmatic approach on how to question the obliteration of death in our high-tech environments but moreover it articulates radically the urge to feel at home somewhere beyond our biological lives, in the world as a whole thus questioning man’s finitude which implies an ultimate isolation in which everyone stands on his own as a solitary individual before the whole. It’s all about emotion.

Adrian O. Smith
le repos est dans le mouvement

« Tout ce qui ne se consume pas, pourrit.
Aussi la vérité permanente du sacré réside-t-elle simultanément dans la fascination du brasier et l’horreur de la pourriture. » Roger Caillois

« Car les vases qui sont pleins de vous ne vous tiennent pas renfermé en eux… » Saint-Augustin

L’artiste milanais Wolfgang Natlacen a donné une forme singulière à un oxymore qu’il nomme Misirizzi, une chose qui perche au ventre mais qu’il faut parfois savoir mettre en branle pour féconder l’étendue - comme le fît à l’origine du monde la déesse Iousaas dont la main experte et divine chatouilla le membre potent du dieu démiurge Atoum afin que nous puissions profiter ici et maintenant du jour et de la nuit.

Cet objet en acacia de quelques kilos à peine semble s’animer de lui-même au moindre impetus. Ce n’est pourtant pas un jouet, encore moins un oeuf ; mais une urne funéraire qui culbute dans le perpetuum mobile de la naissance à la mort. Le Misirizzi ne veut pas faire parler les morts – lesquels sont bien assez bavards – mais plutôt les faire bouger, danser. Ci-gît tout le paradoxe de cet objet que l’on pourrait qualifier de nobjet tant son aura mi-profane et mi-sacrée nous trouble par sa forme inédite et fraîchement imaginée. Mais il a pourtant une fonction qui répond à une commande, c’est un nobjet utile ; le Misirizzi en acacia imputrescible est la dernière demeure qui enveloppe nos restes incinérés, il fait danser nos cendres nichées dans sa base - sans quoi le culbuto éternel ne s’animerait pas. Le Misirizzi de Natlacen nous rappelle que le cadavre bouge encore, qu’il n’est pas le terminus ad quem et que tout n’est pas arrêté comme les idées ou selon la formule de Aristote dans son De Anima : « Toute chose peut se mouvoir de deux façons : ou bien par autre chose, ou bien par elle-même ». Il y a une mécanique érotique des choses, l’inorganique a aussi son sex-appeal.

Avec cette urne qui culbute à la manière d’un Humpty Dumpty, Natlacen a agrandi en quelque sorte la famille des divinités de l’Égypte antique ; Nut la déesse du ciel qui remet au monde a désormais un Misirizzi comme nouveau compagnon avec qui attendre les morts sur le couvercle de leur sarcophage.

Les Misirizzi viennent consolider la réflexion de Wolfgang Natlacen sur la disqualification et l’oblitération progressive de la mort en Occident - et dont momtomb [ momtomb ] constitue la pièce mère.

Adrian O. Smith
misirizzi
#02


_acacia
_tiglio
_colla vinilica
_gesso di bologna
_acrilico
_oro 24 ca.i

h 35 cm.
Ø 26 cm.
2200 gr.

2015
collezione privata
l'altare dei morti

Il Misirizzi diventa luogo ed esempio, memoria e movimento, spazio e tempo di una necessità: tenere fino oltre la fine.
Tenere come? Ricreando qualcosa che può trasformare l'esperienza del vedere. E il Misirizzi, raccogliendo le ceneri, il corpo che resta di una vita, ne rimette in gioco la memoria trasformata, concedendo a chi guarda una possibilità in più, un commento, una visione, un sogno. Il dondolio perpetuo che ci spinge a voler restare, a voler resistere con le cose belle, con le persone belle. E il Misirizzi crea lo stare insieme giusto, non quello delle strette di mano false e corrotte, il Misirizzi è qui, contro le ipocrite rappresentazioni, le false messe, è un oggetto sacro che muove il tempo.

La Socièté du Spectacle è sempre molto astuta a trovare i simboli e a desertificarne il senso, con abili strategie dell’inganno che fanno subito dimenticare le responsabilità. E a questo gioco oramai tanti, troppi, si sono venduti e giacciono. Compito dell'arte e degli artisti diventa sempre più quello di imporre una rottura, non fine a se stessa, non per un nuovo bavaglio, non per costruire l’ennesimo scarabocchio infantile e depresso. Ma bisogna partire dalle fondamenta. Bisogna ridare corpo alle idee, rimetterle in movimento per un senso utile del fare, un’opera deve creare esperienza. E Wolfgang Natlacen, da anni segue questo percorso. Ripartire dalla fine per ricominciare dall’inizio. Wolfgang Natlacen lavora dentro zone difficili, complicate, quelle del dolore e della memoria. Nei suoi oggetti, nelle sue opere, come nei suoi video, oltre che l’ironia e la capacità di creare forme assolutamente originali, in quanto funzionali, c’è il ripensare il dolore. Natlacen nel costruire la sua visione ci consegna un’esperienza che da subito viene messa in comune, viene messa insieme, non è un patimento solitario ma una riflessione politica. Trovare oltre le carte bollate un luogo semplice, dove far rimanere non le nostre identità ma il significato della vita quando giunge alla morte. I sepolcri di Natlacen non hanno i nomi, perché la morte non può essere curvata sulla linea del possesso. Tutti noi vivi moriamo, constatazione banale che sempre si tace, si dovrebbe smettere di segnare le tombe coi nomi e di creare altari di potere. L’altare dei morti di Wolfgang Natlacen cerca di riconsegnare la morte alla morte. Il sacro è la vita. L’identità del morto, nei Misirizzi, resta nelle carte bollate. E’ curioso osservare come la burocrazia insegui il morto fin oltre le ceneri. Wolfgang Natlacen pone non un quesito ma una necessità: siamo in grado di pensare la morte? Di guardare fissamente questo oggetto? E da questo oggetto possiamo ritrovarci a porci delle domande? Piuttosto che partire sempre dalle risposte? Per questo il nostro vedere diventa il centro dell’opera. Stà a noi non avere paura e spingere il Misirizzi fin sul margine del suo movimento. Wolfgang Natlacen attraverso le fotografie che percorrono l’intera costruzione del Misirizzi evidenzia, così, il processo di una messa in opera, fissandone i vari momenti: dissepoltura dell’idea, disegno e struttura, costruzione e materia, fino all’oggetto finale: memoria che accende i fuochi del tempo.

Giovanni Andrea Semerano
da Misirizzi Genesi di un prototipo disponibile @ la camera verde [ lacameraverde.com ]
misirizzi
#12


_acacia
_tiglio
_colla vinilica
_gesso di bologna
_pigmenti rossi (cina)

h 34 cm.
Ø 26 cm.
2300 gr.

2017
Egg-shaped urns for cremated ashes rock back and forth without falling over - Dezeen

Wolfgang Natlacen's ovoid funerary urns can rock like a Weeble toy to offer an alternative to the "grey and sad conformism of death"

Named Misirizzi – which literally translates as "roly-poly" toy – the containers are designed as an irreverent take on the traditional urns used to store remains. The container rests on a curved base, and is constructed from rot-resistent acacia wood – the same material often used by ancient Egyptians for sarcophagi. It can be coated with a glossy back or gold finish. According to Natlacen, the urns offer an alternative to the "grey and sad conformism of death" and were informed by his studies into Egyptian funerary art.

"Between canopic and libation jars, I tried to update that shape by giving it a double use," the French designer told Dezeen. "The urn is then not any more confined to the dead person but becomes more digestible, mixing business (the coffin) with pleasure (a work of art, a toy)," he added. The heaviness of the acacia wood allows the urns to wobble back and forth when pushed without falling over. "It is then possible to live, to play, with this Weeble without necessarily dramatising death," said Natlacen. "Coexistence between the living and the dead becomes lighter." The containers are divided into two halves, and the top section can be lifted off to reveal a hollow space for storing and protecting ashes.

The urns are part of Natlacen's ongoing fascination with funerary design, which prompted the designer to create a tomb shaped like a picnic table in 2010 [ momtomb ]. "By making this I thought I anticipated, or settled, a problem," he said. "However I realised that the tomb was not enough. I had to take care of the rest: coffins, urns... "

Dezeen, November 2015 [ Dezeen ].
order now die later

3500 € _black misirizzi [ #01 / #03 / #04 / #05 / #06 / #07 / #08 / #09 / #10 ]

>> contact@natlacen.com


white misirizzi [ #11]




red misirizzi [ #12 ]




gold misirizzi [ #02]




_delivery in 20-30 working days.


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Book release / Publiccazione :

Misirizzi - Genesi di un prototipo available / disponibile @ la camera verde [ lacameraverde.com ]
misirizzi ::: wolfgang natlacen
contact >> contact@natlacen.com
hanno collaborato nada pivetta, patrizia novello e daniele usuelli.
miocugino (officina di gesta e ingegno).
con la partecipazione di annalisa cozzucrea, patricia legrand, daniela novello,
antonia quaranta e jean-benoît ugeux.

fotografie di jurgen becker.
vanin legno / brambilla battiloro

si ringraziano amine bennis, nicola brambilla, andrea cernotto, jonathan dana, matias guerra,
raphaelle jeannel, carim joomun, joana saldanha de almeida, giovanni andrea semerano, adrian o. smith, marco sorrentino, matteo stagnoli, simone turra.